Poesia > Enrico Cardile
ENRICO CARDILE (Novara di Sicilia 1884, Siracusa 1951)
Impeto
ragion di carmi e tragico sovrano,
odo il tuo ringhio, il gran desio furente,
incatenato dentro il cuore umano;
Impeto eh' io trattenni obbediente
sotto la forza della ferrea mano,
quando fremea la vasta groppa ardente
e schiumavan le froge, al giogo, invano;
Impeto: ch'io, ribelle, or m'abbandoni
su la criniera bruna del tuo collo,
or che pel mondo rugghia la tempesta,
e nella corsa senza sosta il crollo
oda del vento e l'urlo dei leoni,
e il sole folgorar su la mia testa.
ITALIA
E ne l’ombra, sei tu, Madre, alla porta
del tempo: invochi per gli abbandonati,
e per,la Vita, la grandezza morta.
Febbre non è di santi e di soldati;
sul vento un solo fremito s'intende:
gloria che fu di lauri disseccati.
O tu, cieca e silente, ora le bende
lacera madre, tu, giovine, mostra
le belle carni fresche di salute,
divincola da te l'ombra che affloscia.
Per te si addensa il turbine che scroscia.
Noi troveremo facoltà perdute,
consacreremo la virtude nostra,
ti canteremo in liriche stupende.
FRANCIA
O Francia, io l'alba de la Rinascenza
vidi ondeggiar, come su vasta cuna,
sul tuo gran sogno di magnificenza,
e dilagar, poi, nella notte bruna.
E n'ebbi fede, e n'ebbi reverenza:
eran fantasmi al lume della luna,
bianchi fantasmi in terra di Provenza
in cerca di bellezza e di fortuna.
Ma, zufolando, e con le mani in tasca,
fermo sta, Francia, alle fiorite soglie
che parlano di tua gloria passata,
quel grande eroe che t'ha riconsacrata
per l' alta gesta e la mutabil sorte:
sta Tartarino, con la sua Tarasca.
GERMANIA
Ascetica, nel tuo grigio mistero,
cinta di ferro in arme palatina,
qual mai sogno, Germania, oltre Luterò,
minacci in contro a la virtù latina ?
Quasi com'alba, schiude la divina
potenza d'armi barbare il pensiero:
Reno gorgoglia in ombra vespertina,
la Selva lancia il suo bramito nero,
Il Re guerriero tende assai lontano
il guardo, oltre ogni fosco liminare,
- desta, in rude opra, la fatai sua fionda.
Ma sosta a un tratto (irrivelato arcano!)
se nell'umido ciel s'apre, e dispare,
il cerchio de la Tavola Rotonda.
AUSTRIA
Qui di forre e di melma è un gran motivo
sotto la grigia notte decembrale:
un barbaro sogghigno erra e un lascivo
riso intorno a la sozza capitale.
Non per te, dunque, imbelle, e al bene e al male
inetta, né pel tuo vecchio balivo,
- giallo in birostro, vedovo e fatale -
oggi il sonetto di battaglia io scrivo.
Né per quel che il Pontefice disfrena
inestinguibil odio croato,
in verso Vienna aperto è il lucido occhio:
ma pel sogno di un giovine impiccato,
- Noi, che spezzammo il ferro col ginocchio,
or gittiamo i tronconi in su l'arena.
IL CALAFATO
Uomini, in questo sogno che ci aduna
con aspra volontà tentacolare,
noi finimmo d'insorgere o pregare,
e ci accostammo, torvi, alla fortuna.
Mai da la prora, in su la folle duna,
guardammo i cieli vasti sopra il mare,
e d'infinito il prodigioso altare
che assume ai constellati èpos Varuna.
Uomini sonnolenti e neghittosi
che vivete la vita di un sol giorno
per la speranza che non mai vivrà,
il calafato della Libertà
oggi vara la nave del ritorno,
fra giganteschi e liberi marosi